NO A UNA NUOVA STRADA INUTILE NEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO

NO A UNA NUOVA STRADA INUTILE NEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO

IL NO DECISO DI TUTTE LE ASSOCIAZIONI ALLA DEVASTAZIONE AMBIENTALE DELL’APPENNINO ABRUZZESE ED ALLO SPRECO DI RISORSE PUBBLICHE CHE LA NUOVA STRADA, ROCCARASO-SCANNO-ORTONA DEI MARSI, CAUSEREBBE

La Stazione Ornitologica Abruzzese (SOA) dopo aver appreso dai mezzi di comunicazione del progetto e  dopo averne acquisito la proposta preliminare presentata in occasioni pubbliche dalla DMC Alto Sangro  (l’agenzia regionale di promozione turistica ) e dall’ UNCEM Abruzzo(Unione Nazionale Comuni  Comunità Enti Montani) ha prodotto un documento inviato nei giorni scorsi ai Comuni interessati ed  all’Ente PNALM da cui emergono aspetti a dir poco sconcertanti sia in termini economico-finanziari e di  corretta definizione in merito alla compatibilità con i principi del Recovery Fund , sia di reale utilità in  alternativa alla viabilità esistente che in riferimento agli impatti ambientali a dir poco devastanti e del  tutto sottovalutati. 

Il percorso della nuova strada a due corsie partirebbe dall’ Altopiano delle 5 Miglia per penetrare dentro  la Montagna Spaccata all’interno della splendida Foresta Demaniale di Chiarano Sparvera per inerpicarsi  fino al suo crinale e con una galleria di oltre 2,4 Km passare dalla intatta Bocca di Chiarano alla  sottostante Valle di Jovana. Tra l’altro il tracciato passerebbe dalla Montagna Spaccata che  attualmente è una forra strettissima dove a mala pena sale una mulattiera, il che richiederebbe la  distruzione completa del piccolo canyon, una “perla” dell’Appennino abruzzese. 

Dalla valle di Jovana la strada proseguirebbe a mezza costa sul versante orografico destro della stessa,  dove ora esiste una sola casa abitata, per scendere sempre sullo stesso versante in un territorio con  boschi e senza alcuna strada o fabbricato fino a Scanno. A valle dell’abitato attraverso un’ altra galleria  seguirebbe sulla sponda orografica sinistra del Lago omonimo per raggiungere Villalago, quindi, poco a monte dell’ abitato un’ altra galleria e viadotti per oltre 4 km porterebbero a San Sebastiano dei Marsi  per raggiungere infine Ortona dei Marsi ed un nuovo svincolo autostradale a Carrito . 

Le associazioni scriventi fanno notare che si andrebbe cosi a sfregiare una parte consistente del  paesaggio montano abruzzese ancora integro che comprende Siti di Interesse Comunitari ( SIC e ZSC ),  Zone di Protezione Speciali (ZPS), aree contigue ai Parchi nazionali e Riserve naturali regionali. 

Tutte le specie animali dell’Appennino abruzzese, molte delle quali protette dalla Direttiva HABITAT  della UE ne sarebbero gravemente impattate esponendo la nostra regione ad una più che sicura  procedura di infrazione comunitaria. L’areale dell’Orso marsicano verrebbe letteralmente stravolto  vanificando tutte le azioni portate avanti da Ministero, Regione , aree protette ed associazioni negli  ultimi 15 anni andando a devastare proprio quel corridoio di connessione che tutti fino ad oggi hanno  definito vitale per garantire l’ampliamento dell’areale della specie e lo scambio di individui tra un parco  nazionale e l’altro. Giova ricordare che qui è nata Amarena, la “famosa” femmina balzata agli onori  della cronaca nazionale la scorsa estate. L’orsa è nata, si è riprodotta ed alleva i suoi 4 orsacchiotti tra  Villalago e San Sebastiano dei Marsi proprio dove passerebbe la nuova strada. 

Ma a cosa servirebbe poi questa strada ? Ha senso in un momento di recessione economica grave  prevedere di spendere 750 MILIONI DI EURO ( ma quali saranno i costi reali ?) per accorciare un  percorso di soli 20 Km che tra l’altro taglierebbe fuori tutto l’Alto Sangro meta di un turismo  escursionistico naturalista da anni in crescita costante ? Roccaraso e Rivisondoli hanno bisogno di una  strada simile quando sono gia servite comodamente ? Lo stato di generale abbandono della viabilita  dell’Abruzzo interno non giustificherebbe invece interventi di miglioramento e manutenzione ormai  irrimandabili piuttosto che una nuova strada “nel nulla” che non serve a nessuno se non alle ditte che se  ne aggiudicheranno la costruzione ? I servizi disastrati dei Comuni della montagna abruzzese (ospedali,  ambulatori, servizi di trasporto pubblico, Farmacie, RSA etc etc..) non meriterebbero questi fondi  invece di aggiungere altro asfalto ad un territorio già piagato dal dissesto idrogeologico ? 

In alternativa a questo progetto insostenibile per la natura e per le popolazioni residenti, le associazioni  invitano la Regione Abruzzo, UNCEM Abruzzo, DMC Alto Sangro e i Comuni interessati a chiedere al  Presidente del Consiglio ed al Governo i fondi per la messa in sicurezza delle strade esistenti. In vista del  centenario del PNALM (2023), bisogna adeguare l’intera rete stradale con aree per la sosta temporanea  dei turisti nei punti panoramici indicati dall’Ente Parco, dotate dei necessari servizi di informazione al  turista e di promozione di tutta l’area e dei suoi prodotti tipici. Sarebbe bene anche affidare la suddetta  rete viaria all’ANAS, evitando cosi altri casi come quello del ponte sul Giovenco sulla SP 17 che attende  ancora il completamento dalla sua riapertura nell’Aprile del 2019 ( dopo che la sua chiusura impose un  anno d’isolamento ai borghi della valle del Giovenco !! ). In conclusione al neo Ministro alle  Infrastrutture e Trasporti Enrico Giovannini ricordiamo che dei 32 miliardi che il Recovery Plan assegna a  infrastrutture e traporti, la metà dovrà essere investita in mobilità sostenibile ed alla luce di quanto  sopra, gli chiediamo di inserire nel suo programma immediato la messa in sicurezza di tutte le strade del  PNALM, comprese le aree attrezzate per i turisti e il recupero e rilancio del treno più alto  dell’Appennino, L’Aquila – Sulmona – Pescocostanzo – Castel di Sangro, per la mobilità dolce all’interno  del sistema dei parchi naturali abruzzesi (Pnalm, Majella, Sirente-Velino, Gran Sasso e Monti della Laga). 

Per le motivazioni di cui sopra le associazioni scriventi fanno appello a tutti i comuni coinvolti alla  Regione, all’ Ente PNALM ed alle Riserve interessate dall’opera affinché prendano le distanze dal 

progetto in argomento ed adottino atti formali di dissenso in merito allo stesso, tali da impedirne il  finanziamento e la, seppur parziale, realizzazione. 

Per info 3355388206 

Firmano il comunicato : 

1. ITALIA NOSTRA Abruzzo 

2. MOUNTAIN WILDERNESS Abruzzo 

3. WWF Abruzzo 

4. LIPU Abruzzo 

5. ITALIA NOSTRA Abruzzo 

6. CAI Abruzzo 

7. STAZIONE ORNITOLOGICA ABRUZZESE 

8. PRO NATURA Abruzzo 

9. SALVIAMO L’ORSO 

10. APPENNINO ECOSISTEMA  

11. Rewilding Apennine 

12. Associazione MONTAGNA GRANDE – Valle del Giovenco 

13. ORSO and Friends 

14. TOURING CLUB ITALIANO Abruzzo 

15. DALLA PARTE DELL’ORSO – Pettorano sul Gizio 

16. FARE VERDE Abruzzo 

17. Società Italiana per la Storia della Fauna “Giuseppe Altobello” 

18. I GUFI 

19. SALVIAMO IL PAESAGGIO 

20. Federtrek – Escursionismo e Ambiente 21. Associazione Italiana Wilderness

RAVENNA:  SULLA CO2 CHE ENI HA IN PROGRAMMA DI STOCCARE SOTTO I FONDALI MARINI

RAVENNA:  SULLA CO2 CHE ENI HA IN PROGRAMMA DI STOCCARE SOTTO I FONDALI MARINI

Un aspetto preoccupante dell’impatto.

Eni e altre compagnie del mondo dei combustibili fossili programmano di entrare “nell’era dell’idrogeno” ma ottenendolo dagli idrocarburi fossili.  Siccome questa scelta produttiva genera anidride carbonica che dev’essere smaltita in qualche modo, programmano di adottare il metodo Ccs (acronimo di Carbon capture and storage). In parole semplici vogliono pompare sotto terra, negli interstizi dei giacimenti di gas esauriti (in tutto o in parte), milioni di tonnellate di CO2.   Il governo opportunamente  ha revocato – su iniziativa del Movimento 5 Stelle – la previsione di finanziare questo progetto coi fondi del Recovery Plan ma il progetto molto probabilmente andrà avanti con fondi propri perché assai conveniente per l’Azienda. Infatti questo consente ad Eni di restare nel business dei combustibili fossili, legandolo addirittura all’era dell’idrogeno, di portare avanti progetti come il TAP (chi si opporrà verrà accusato di essere sabotatore della produzione dell’ecologico idrogeno) e di finire di sfruttare i giacimenti che oggi rendono poco perché è economicamente difficile estrarre il gas residuo. L’anidride carbonica infatti è una molecola pesante e si stratifica nelle parti più base del giacimento per cui man mano che si accumula e il suo livello cresce dal fondo del deposito, spinge verso l’alto l’ultimo gas da sfruttare, come una sorta di pistone.  Ma qual è il possibile impatto, soprattutto a lungo termine, dell’immissione di tanta CO2 nel sottosuolo?     Bisogna considerare molto seriamente il fatto che la CO2 a differenza del metano, in presenza di acqua reagisce spiccatamente con le rocce (non solo carbonatiche…ma con diverse altre tipologie  e persino col cemento armato come per la vicenda del Ponte Morandi a Genova). Il discioglimento delle rocce produce soprattutto  bicarbonati solubili.   Le nostre grotte estese ed amplissime, la “spugnosità” delle nostre montagne, le “marmitte dei giganti” , in definitiva il carsismo,  hanno origine  dalla CO2 che con l’acqua diviene acido carbonico che attacca le rocce.  Il fenomeno è tanto più imponente quanto più l’anidride carbonica è pura (vale a dire la sua pressione parziale è prossima a quella totale) e quanto più la pressione in atmosfere è alta.  A limitare lo scioglimento nell’acqua di strato dei depositi è solo la salinità. Quante caverne gigantesche potranno formarsi sotto il fondale marino negli anni a venire? Quante nel corso dei secoli??  Quale la loro possibile estensione nell’area vasta?  Le cavità potranno arrivare ad interessare la terra, risalire verso l’alto fino a sciogliere le rocce di copertura e arrivare ad innescare i noti  “sinkholes” antropogenici, vale a dire cedimenti, sprofondamenti anche in zone abitate di sedi stradali, ferroviarie, ville comunali, parchi o giardini, nonché aree occupate da piazze, cortili e edifici?  Ravenna è già interessata da una preoccupante subsidenza : ci saranno interferenze?.    A tutte le sacrosante motivazioni, essenzialmente di politica energetica, per essere contrari alla produzione di questo chiamato suggestivamente “idrogeno blu”, si aggiunga l’assenza di assicurazioni fondate sulle conseguenze nel tempo che il Ccs può avere e si rifletta sull’effettiva imprevedibilità del pericolo connesso: fattori probabilmente prioritari. L’alternativa esiste: è l’idrogeno “verde” ottenuto dall’acqua, per elettrolisi, con energia elettrica da fonti rinnovabili e sostenibili. Questa è la strada. 

Giovanni  Damiani
Presidente GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane

La storia di un bosco

La storia di un bosco


Tra gli alberi che formano il Bosco di Valzo si può ritrovare una storia, passo dopo passo, ripercorrendo le tracce di una passione per la scienza e per lo sviluppo della cultura.

È un bosco che ha un nome proprio e permette di ricordare la figura di Carmela Cortini Pedrotti. Il bosco acquistato da Franco Pedrotti, botanico di fama internazionale che ha voluto creare questa riserva naturale per proteggere la biodiversità e dare un senso concreto alla memoria per la sua compagna di una vita intera.

Si trova a Valzo, comune di Vallecastellana, Provincia di Teramo, nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso – Monti della Laga. Si estende fra 800 e 1100 metri su un’area di 32 ettari ed è formato da un bosco di roverella, con presenza di carpino nero, cerro, castagno, leccio sui “valzi” rocciosi e – nella parte più alta – anche faggio; lungo il ruscello che nasce da una sorgente all’interno del bosco cresce il salice bianco.

Il “Bosco” attualmente è un ceduo con pochi alberi di alto fusto; è destinato a diventare spontaneamente un bosco di alto fusto con alberi di grandi dimensioni e cioè una fustaia disetanea interessata dal processo ecologico della fluttuazione, ove gli alberi compiono il loro ciclo completo – dal seme allo sviluppo della plantula e quindi dell’albero – fino alla loro caduta per cause naturali.

Dal 18 gennaio 2021, il Bosco “Carmela Cortini” di Valzo, con la firma dell’atto notarile, è diventato proprietà del Fondo Ambiente Italiano (FAI), che ne curerà la protezione, la conservazione e la valorizzazione naturalistica.

Un bosco può significare molte cose: un ecosistema; un elemento vitale nel quale si rinnovano i cicli naturali e si “producono” i servizi ecosistemici; un modo per conservare la natura e gli equilibri. Questo bosco ha un valore aggiunto che è dato dalla testimonianza di una vita dedicata alla scienza e alla natura. Una donna che ha dedicato la propria vita a far crescere la conoscenza scientifica, svolgendo attività di ricerca e di docenza, pubblicando studi e partecipando a conferenze di rilevanza internazionale.

È bello immaginare che quei rami, quei tronchi, continuino a crescere ed evolvere, dimostrando il ruolo della scienza come guida per affrontare il futuro che ci attende: un bosco che è un laboratorio vivo, dove svolgere ricerche scientifiche e studiare le modificazioni e i cambiamenti, raccogliendo dati e apprendendo lezioni (a cura di Andrea Ferraretto, Roma).

Video dedicato al Bosco Carmela Cortini di Valzo
https://www.youtube.com/watch?v=LWEzvxOfzyo&t=1412s

Servizio del TG1 sul bosco di Valzo
http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-1c02e321-b49c-46de-91b7-9f445a389477-tg1.html

Terminillo: il 2021 sancirà l’insostenibilità economica e ambientale del progetto

Terminillo: il 2021 sancirà l’insostenibilità economica e ambientale del progetto

 Si vada verso il riconoscimento del reale valore del Terminillo.

Comunicato stampa delle associazioni: WWF Lazio, Club Alpino Italiano GR Lazio, Italia Nostra – Sabina e Reatino, LIPU-Birdlife Italia, FederTrek – Escursionismo Ambiente, Salviamo l’Orso, ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali, Salviamo il Paesaggio Rieti e Provincia, Altura Lazio, Mountain Wilderness Italia, Postribù, Inachis Sez. Gabriele Casciani Rieti, Pro Natura Lazio, Orso and friends, Natour biowatching, Red Fox – Scuola di Natural Survival e Tracking, La Lupus in Fabula, GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste, Balia dal collare Rieti

All’alba del 2021, l’annuncio del parere dell’Area Valutazione d’Incidenza della Regione Lazio al Piano di interventi denominato Terminillo Stazione Montana ha fatto brindare tutti i promotori del TSM al successo, in una rincorsa a prendersi il merito di un’autorizzazione che ancora non c’è.

Un parere pubblicato tra spumanti e panettoni, ma che presenta molti passaggi incomprensibili e inaccettabili, primo fra tutti la mancata firma del Dirigente dell’Area Vinca. Il documento è oltretutto debole in molti punti e con aspetti dichiaratamente non valutati aprendo così la possibilità di distruggere svariati ettari di faggeta in Vallonina, in parte tutelati anche dalla Rete Natura 2000, contraddicendo i pareri del 2010 e del 2015 con i quali la stessa Area Vinca aveva bocciato il progetto nella sua interezza.

Come associazioni che seguono da anni il procedimento di VIA, anche con diverse proposte che avrebbero da tempo consentito lo sblocco dei fondi regionali a favore di un rilancio sostenibile per il Terminillo, abbiamo di conseguenza presentato formale diffida agli organi competenti a concludere il procedimento con pareri privi di validità o non ancora acquisiti e senza tenere conto dell’annullamento del Piano Paesistico della Regione Lazio, ad opera della Corte Costituzionale pochi mesi fa, e di numerose autorizzazioni invalidate dall’evoluzione della normativa nei sei anni del procedimento.

L’unica buona notizia che accogliamo favorevolmente è quella del riconoscimento dell’impatto estensivo sulla faggeta, come già evidenziato dalle nostre osservazioni, che ha portato al parere negativo sul collegamento tra la Sella di Cantalice e gli impianti di Campo Stella in Vall’Organo con numerose prescrizioni sugli interventi rimanenti.

Il riconoscimento del valore estensivo delle faggete e dell’annullamento di un Piano Paesistico, che è stato bocciato proprio per la mancanza di una sufficiente tutela delle “Terre Alte” dalle speculazioni legate all’ampliamento degli impianti sciistici, riteniamo non potrà che portare ad ulteriori pareri negativi in sede di valutazione finale della compatibilità ambientale.

Se così non sarà, le associazioni sono pronte a ricorrere, nelle sedi appropriate, contro ogni atto che possa minare la tutela dei beni ambientali e comuni del territorio del comprensorio del Terminillo.

Un futuro migliore per il Terminillo è possibile. La saturazione del mercato dello sci da discesa nelle poche stazioni ad alta quota rimaste sta spingendo verso la diversificazione del business della montagna con un coinvolgimento sempre più intenso del tessuto dei centri in rete sul territorio. Ce lo ha dimostrato l’assalto che abbiamo visto nella fase Covid, ad impianti fermi, con centinaia di persone alla ricerca di natura, buon mangiare e benessere. Ma bisogna essere pronti ad accogliere queste nuove opportunità con servizi e strategie adeguate.

Infine la petizione consegnata in regione Lazio con 15.000 firme (luglio 2020) e oggi a quota 17.000 è stata rilanciata. Invitiamo tutti ad aderire perché ognuno di noi possa salvare il bosco della Vallonina.

www.change.org/p/regione-lazio-salviamo-terminillo-fermiamo-un-progetto-inutile-e-dannoso-notsm

L’annullamento del Piano antincendio delle Pinete Grossetane

L’annullamento del Piano antincendio delle Pinete Grossetane

CONSIDERAZIONI SUL RECENTE ANNULLAMENTO DA PARTE DEL CONSIGLIO DI STATO DEL PIANO DI PREVENZIONE ANTINCENDIO BOSCHIVO DELLE PINETE LITORANEE DI GROSSETO E CASTIGLIONE DELLA PESCAIA

GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane

Di recente il Presidente della Repubblica con Decreto del 1° ottobre 2020 ha accolto il Ricorso avverso l’approvazione, avvenuta con delibera della giunta regionale toscana n. 355 del 18.03.2019, del piano specifico di prevenzione AIB per il comprensorio territoriale delle pinete litoranee di Grosseto e Castiglione della Pescaia, da parte della Regione Toscana, nei limiti e con le prescrizioni indicate nelle motivazioni riportate nel parere espresso al riguardo dal Consiglio di Stato nell’adunanza del 24 giugno 2020.

Il piano, oltre ad essere carente dell’analisi storica, per ciò che concerne le cause che avevano scatenato gli incendi nell’area, nei fatti prevedeva esclusivamente come attività di prevenzione dagli incendi boschivi il taglio del 70% pini e dell’80% del sottobosco su circa il 15% della superficie della pineta protetta in pochi anni, oltre all’applicazione del fuoco prescritto. Ricordiamo che l’area protetta oggetto di tanto interesse è costituita da una striscia di bosco ampia poche centinaia di metri, totalmente accessibile, compresa fra il mare e una strada statale, in gran parte pianeggiante e attraversata da numerose piste, con i vigili del fuoco e i tutti i presìdi di lotta agli incendi boschivi presenti in loco.     

Secondo la prima sezione del Consiglio di Stato: “Il ricorso deve giudicarsi fondato e merita accoglimento con conseguente annullamento della delibera …nella parte in cui considera erroneamente come paesaggisticamente irrilevanti – e perciò sottratti alla preventiva autorizzazione paesaggistica- tutti gli interventi previsti nel piano, omettendo una adeguata analisi e valutazione dell’impatto paesaggistico di tali interventi,  nonché nella parte in cui si fonda su una valutazione di incidenza sui siti della rete natura 2000 interessati dalle misure rivelatasi carente nell’istruttoria e nelle motivazioni, oltre che corredata da mere raccomandazioni di buona esecuzione degli interventi prive della consistenza di prescrizioni integrative.”

Il parere espresso dal Consiglio di Stato ha scatenato una serie di reazioni negative in certo ambiente forestale, compreso alcune piccole frange del mondo accademico toscano e nazionale, che erroneamente ritenevano di detenere una competenza esclusiva sui boschi, e che ora sono preoccupate per le “rilevanti” ripercussioni che l’annullamento delle procedure bocciate comporterà sulla gestione futura del settore.

Resta il fatto che il Consiglio di Stato ha semplicemente rilevato quanto riportato dal codice dei beni culturali e del paesaggio; cioè che: all’interno delle aree forestali tutelate attraverso uno specifico provvedimento, ai sensi dell’art. 136 del D.lgs. 42 dell’aprile 2004, gli interventi selvicolturali devono essere sottoposti anche ad una valutazione di tipo paesaggistico. 

Ma la parte più indigesta per chi non accetta tale rilievo del Consiglio, verosimilmente è costituita dai riferimenti riportati nel parere, al recente Testo Unico Forestale (D.lgs. 34/2018) a cui la stessa Regione Toscana e le organizzazioni di categoria avevano fattivamente contribuito alla elaborazione, che riprende e fa proprio l’articolo citato del codice dei beni culturali e del paesaggio. Evidentemente in quel frangente i rappresentanti delle Regioni e delle organizzazioni di categoria del mondo forestale erano distratti. 

Infatti, il Testo Unico Forestale, ai commi 12 e 13 dell’art. 7, recita testualmente: “con i piani paesaggistici regionali, ovvero con specifici accordi di collaborazione stipulati fra le regioni e i competenti organi territoriali del MIBACT, ai sensi del art. 15 della L. 241/1990, vengono concordati gli interventi previsti ed autorizzati dalla normativa in materia riguardanti le pratiche selvicolturali ….antincendio e di conservazione, da eseguirsi nei boschi tutelati ai sensi dell’art. 136 del D.lgs. 42/2004 e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi nel provvedimento di vincolo… gli interventi vengono definiti nel rispetto di linee guida nazionali di individuazione  e di gestione forestale  delle aree ritenute meritevoli di tutela, da adottarsi con decreto del ministro politiche agricole di concerto con MIBACT, MATTM e d’intesa con la conferenza stato regioni”. 

Questa associazione, che ha contribuito in maniera fattiva alla presentazione del ricorso avverso il Piano in questione, attraverso la produzione delle relazioni e perizie tecniche allegate e partecipando alla stesura degli atti, manifesta piena soddisfazione per l’esito favorevole del lavoro svolto, per le implicazioni e gli sviluppi che le argomentazioni e le decisioni assunte dal Consiglio di Stato potranno avere sulla possibilità di intraprendere fattive azioni di contrasto ad una serie di attività e interventi “predatori”. Interventi che vengono perpetrati, in questi ultimi anni, sui boschi, in maniera diffusa, trincerandosi dietro l’applicazione formale e pedissequa di regole e norme regionali, tesa a favorire i tagli e la mera produzione di legna da ardere, piuttosto che la salvaguardia e il miglioramento dell’efficienza dei molteplici servizi offerti dal patrimonio forestale, in particolare di quello pubblico, e più in generale del territorio e dei beni comuni.

A questo riguardo riteniamo che sia importante evidenziare anche l’altro aspetto messo a nudo dal parere del Consiglio di Stato, paradigmatico della situazione in cui viene a nostro avviso mal gestito il territorio, nello specifico in Toscana, ma anche in altre parti in Italia (sempre le parole del Consiglio): “dall’inadeguatezza istruttoria e motivazionale della valutazione d’incidenza svolta dalla Regione Toscana … che si risolve in  un riscontro piuttosto formalistico di corrispondenza degli interventi… ad alcune voci tipologiche desunte dalla modulistica di settore, senza un’adeguata valutazione d’insieme –con conseguente difetto di motivazione- della reale dimensione degli impatti del piano.”

Questo modo di gestire, svilendo le procedure di valutazione di incidenza ambientale da parte della stessa Regione, per poter realizzare a piacimento interventi tanto pesanti nelle aree protette, costituisce un ulteriore vulnus, che mortifica l’importanza dello strumento normativo, rendendolo di fatto irrilevante. 

Sempre secondo il Consiglio: “Anche le prescrizioni .. avrebbero meritato maggiore attenzione, e comunque migliore motivazione, perché lungi dal costituire “specifiche prescrizioni” come affermato nella memoria difensiva regionale, non sembrano avere alcun contenuto prescrittivo autonomo rispetto a quelle che sono le comuni buone regole tecniche minimali già implicite negli interventi antincendio boschivo presi in considerazione. Si tratta, quindi, di mere raccomandazioni generiche di eseguire a regola d’arte i lavori che non aggiungono e tolgono alcunché a quanto già previsto nel piano. Anche sotto questo aspetto è necessario che correntemente alla regola generale, sia fornita una migliore motivazione della scelta fatta.”

Vogliamo concludere con due ulteriori considerazioni, che a nostro avviso costituiscono l’elemento politico più mortificante di questa vicenda. 

La prima, stigmatizzata dalla stessa Consulta: “l’enucleazione svolta nei precedenti paragrafi dei rilevati vizi di carenza istruttoria e motivazionale, .. fa emergere un ulteriore profilo, …. concernente la mancata partecipazione al percorso elaborativo delle associazioni di tutela ambientale, le quali avevano più volte chiesto di essere ascoltate e di poter contribuire al procedimento.

Se è vero che non si rinvengono nel panorama legislativo nazionale specifiche previsioni che impongano tale partecipazione… è altrettanto vero che non è conforme a criteri generali di buona amministrazione non prendere in considerazione i possibili contributi di portatori d’interesse (pubblico!) quali le associazioni ambientaliste che abbiano chiesto di essere sentite o che abbiano prodotto memorie e documenti.”

L’altra considerazione è costituita dalla posizione assunta dal Ministero dell’Ambiente in questa vicenda, la massima autorità nazionale del settore, quella che dovrebbe tutelare i Siti Natura 2000, la fauna e gli habitat protetti; nonché garantire la corretta applicazione delle procedure di valutazione ambientale adottate dalle Regioni. Il Ministero dell’Ambiente “con la relazione prot. n. 15089 del 2 marzo 2020 … ha dato conto delle difese regionali ed ha concluso per il rigetto del ricorso e della domanda cautelare”, schierandosi così (incomprensibilmente) dalla parte della Regione Toscana, giustificando i tagli abnormi e il piano speciale AIB alla stregua di un qualsiasi intervento di prevenzione dagli incendi boschivi e la scorretta gestione delle procedure di valutazione dell’impatto ambientale da parte della regione stessa.Che dire, parafrasando Brecht, per fortuna che “c’è un giudice a ..Roma”.